Oggi è un’accogliente casa per gatti randagi e sconcertanti colture occasionali, ma in attesa che il suo Mausoleo torni a risplendere grazie al decreto Bray che dovrebbe finanziare l’urgente opera di restauro (con 2 milioni di euro più 4 dal Comune), la città di Roma celebra con una grande mostra alle Scuderie del Quirinale, una delle personalità più carismatiche del mondo antico: Augusto.
La rassegna dedicata al primo imperatore romano segna il via delle celebrazioni per il bimillenario della sua morte, avvenuta il 19 agosto del 14 d.C., e lo fa attraverso opere e reperti archeologici di forte rilevanza artistica, provenienti dalle più prestigiose raccolte di marmi antichi d’Italia e del mondo, sculture e oggetti unici che ripercorrono le tappe dell’inarrestabile ascesa di un grande uomo politico, in parallelo alla nascita di una nuova epoca storica.

Il figlio adottivo e pronipote di Cesare è riuscito laddove persino il padre aveva fallito. Ha promulgato riforme quanto pochi prima e dopo di lui, ha messo fine a sanguinosi decenni di guerre civili inaugurando la nuova stagione politica dell’Impero. Ma con i valori di pax, pietas e concordia Augusto fece di più: durante il suo principato, durato oltre quarant’anni, Roma ha raggiunto la sua massima espansione, estendendosi fino in Spagna, in Turchia, Grecia e Germania. In un’epoca di ritrovata prosperità e abbondanza evocati da poeti come Virgilio e Orazio e da molti altri intellettuali del cosiddetto circolo di Mecenate che contribuirono alla diffusione delle sue ideologie politiche e culturali, il nuovo Cesare diede impulso vigoroso alle arti. Lo dimostrano gli ottantadue templi restaurati a suo nome, gli accenti espressionistici cari all’arte ellenistica presenti in opere come la testa del satiro o in quella gemente di Ulisse (dal gruppo con Polifemo a Sperlonga) e gli 11 rilievi, ora divisi tra Spagna e Ungheria, che decoravano un monumento campano e narravano alcune delle vicende della decisiva battaglia di Azio.
La mostra, frutto di una collaborazione tra i musei di Roma e di Parigi, prevede una selezione di circa 200 opere di assoluto pregio in un percorso che ha tutta l’intenzione di stupire. A ideare e curare gli spazi espositivi ci ha pensato Eugenio La Rocca con l’aiuto di Claudio Parisi Presicce, Annalisa Lo Monaco, Cécile Giroire e Daniel Roger. Spiccano per bellezza i rilievi Grimani, rappresentazione di animali selvatici intenti ad allattare i propri cuccioli, nonché gentile prestito del Kunsthistorisches Museum di Vienna e il Museo di Palestrina; per importanza si distingue il gruppo frontale dei Niobidi, originale greco riallestito in età augustea negli horti Sallustiani, ricomposti in questa occasione affiancando le due statue di Ny Carsberg Glyptotek di Copenhagen alla statua di fanciulla ferita conservata al Nazionale di Roma. Affiancheranno i gruppi scultorei tra marmo e armonia, documenti dell’arte decorativa, vale a dire alcuni tra i più preziosi argenti e gemme di Boscoreale, direttamente dal Louvre. Nelle sale delle Scuderie anche elegantissimi cammei da Londra, Vienna e New York, pampini, edere e capolavori che testimoniano le preferenze stilistiche dell’imperatore, in sintonia con l’arte classica greca tra il V e il IV secolo.

Ma le opere di punta, vero fulcro visivo della mostra sono le due statue più famose di Augusto. Per la prima volta insieme sarà possibile ammirare il marmo proveniente dal Museo Nazionale Romano e quella conservata ai Musei Vaticani. Da un lato il princeps trionfante e uomo d’azione, dall’altro l’imperatore sotto la massima carica religiosa in un confronto inedito. C’è un complesso e radicato legame tra questa figura superba e altera di un leader indiscusso nel marmo di Prima Porta e il vecchio pontefice dal capite velato, dallo sguardo solenne nella statua di via Labicana. E’ un dialogo tra due facce della stessa medaglia, che sia nei panni di condottiero nell’atto di incitare il suo esercito in battaglia, o in quelli di un severo e stanco pontifex ormai verso il tramonto, a dominare è sempre il mito folgorante di Augusto.
Simone Di Dato
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